Fra Cipriano della Croce e i diari di Cesare Tinghi e di Anton Francesco Mannucci
Tra i manoscritti di valore utili a conoscere la storia, la vita, la politica, le usanze, le feste, la musica, i balli, i viaggi dei regnanti Medici e le cerimonie alle quali parteciparono e anche le relazioni con Firenze e altre città e popoli d’Italia, meritano un posto d’onore i ‘Cerimoniali ‘di corte: di essi sono rimasti oggi solo tre corposi quaderni del secolo XVII custoditi nella Biblioteca Nazionale di Firenze e visibili nella versione digitale.
Due quaderni contengono il Diario e Cerimoniale della Corte Medicea, tenuto da Cesare Tinghi, aiutante di camera del granduca Ferdinando I, di Cosimo II e di Ferdinando II (dal 22 luglio 1600 al 9 novembre 1623) e uno il Diario e Cerimoniale di Anton Francesco Mannucci, incaricato in tale mansione da Cosimo III (dal 12 aprile 1680 al 30 agosto 1699).
Già di proprietà del marchese Gino Capponi (1792-1876), i quaderni pervennero alla Biblioteca Nazionale nel 1876, legati per testamento (scritto nel 1854) alla Biblioteca Magliabechiana.
Una trentina d’anni prima, nel 1845, erano stati elencati da Carlo Milanesi nel Catalogo dei manoscritti posseduti dal marchese, pubblicato per sua volontà (p. 44).
Ma in che modo i diari giunsero nelle mani di Gino Capponi? Di certo per acquisto o dono – sembra ovvio –, ma del venditore o del donatore non è possibile, almeno per quanto ho visto, trovare le tracce dirette.
Tuttavia, andando indietro nel tempo, cioè al secolo prima, si trova ricordato come i diari fossero custoditi nel Guardaroba di Camera, detto anche “segreto”, istituzione che fu in essere fino al 1737, anno in cui i Medici lasciarono il regno agli Asburgo-Lorena e alla loro amministrazione.
Ricordia tale custodia proprio il cerimoniere Anton Francesco Mannucci che alla fine del terzo volume dei diari, riportò la copia di una lettera del 13 gennaio 1728 da lui inviata a un innominato, di certo una persona importante di corte. Gli restituiva il manoscritto prestatogli, del quale aveva preso copia, e gli mandava un suo lavoro riguardo al cerimoniale praticato con i vescovi e arcivescovi di Firenze ai tempi della repubblica e del principato, “raccolto da me con qualche fatica”.
Il granduca alle messe cantate e alle funzioni pubbliche – scrive – aveva precedenza sugli arcivescovi. Il Mannucci tuttavia avrebbe potuto veder meglio qualche esempio più moderno “se alcuni libri del cerimoniale tenuto da’ miei antecessori fusse appresso di me, ma questi sono nella Guardaroba di Camera sotto la mia chiave, ma con tutto ciò non è in mio potere l’andarvi, né io fo istanza di avergli per diversi rispetti”.
[...] Io lascierò passare alcuni giorni per darle tempo di leggere con suo comodo la mia diceria, e poi verrò in persona per sentire da vostra signoria illustrissima quello che io deva levare, o aggiungere sopra il mio cerimoniale dell’arcivescovo ...”.
Di certo in un tempo imprecisato, posteriore al 1728 e forse intorno al 1737, quando subentrarono gli Asburgo-Lorena, i diari dei cerimoniali – che erano in maggior numero e non solo i tre superstiti – dovettero essere consegnati proprio al Mannucci. Il motivo era intuibile: non si voleva che andassero perduti a causa dell’antipatia verso la storia dei Medici e la noncuranza dei nuovi regnanti. E, dalle mani del Mannucci – come si legge sorprendentemente in una annotazione nella pagina accanto alla lettera citata –, giunsero alla famiglia Villani e poi a fra Cipriano della Croce, agostiniano.
Così il testo:
“Annotazione.
Sia noto come il fu signor Anton Francesco Mannucci scrittore del presente diario per molt’anni fu in corte e cerimonista de’ nostri principi.
Vivendo raccolse li diari de’ suoi antecessori, e successivamente proseguì quanto successe giornalmente a suo tempo.
Il detto signore in vita fu nostro beneaffetto, e nostro terziario, e perciò nel suo testamento dispose che morendo in Firenze fosse sepolto in questa nostra chiesa di Firenze, morendo in villa, come seguì, che fosse sepolto nella nostra chiesa di Settimello [Santa Maria Assunta alle Cappelle, poi Santa Lucia – Calenzano], essendo stato ivi pomposamente trasportato dalla Fornacella sotto Monte Murlo villa del signor cavaliere Pier Maria Villani [oggi Villa Giamari], come marito di una sua nipote ecc.
Detti diarii restarono apresso li detti signori Villani, ma questi poco accorti nel conservare sì degne memorie, anzi di ciò nulla curando, molti di detti e di altri manoscritti del signor Mannucci sparirono, e forse anche strazziati.
L’ultimo di detti signori Villani fu l’abate Vincenzo Maria, et essendo superstite la signora Maria Giulia di lui sorella, e ultima di detta famiglia, fra Cipriano della Croce buon servitore da molt’anni di detti signori, come pure del suddetto signor Mannucci, s’avanzò a supplicarla di questi tre diarii a caso in essere, quale si degnò subito (e) l’esaudì.
Il detto signor Vincenzo morì nel dì 19 novembre 1773, pochi giorni dopo fra Cipriano, ottenuti li detti diarii
Firenze] – [cancellato ma ancora leggibile]>; quelli se saranno conservati potranno essere d’erudizione a’ nostri posteri.
Che Dio voglia, e come desidera.
Fra Cipriano mano propria.
[Post scriptum]
Anco a tempo del granduca Giovanni Gastone [1723-1737] la corte si regolava da questi diarii per il cerimoniale”.
Paola Ircani Menichini, 26 aprile 2024. Tutti i diritti riservati.
L'articolo in «pdf»